Mancano pochi giorni all'uscita del gia' segnalato Homo Deus (8 settembre) e l'ultima pubblicazione di Yuval Noah Harari, gia' autore del best-seller Sapiens: A Brief History of Humankind, ha fatto una raffica di interviste e' il soggetto di una serie di recensioni:
- The Guardian: Homo Deus by Yuval Noah Harari – how data will destroy human freedom
- Il Financial Times: Yuval Harari on big data, Google and the end of free will
- La BBC ha creato una breve animazione per riassumere uno dei concetti chiave della sua opera ("Siamo probabilmente una delle ultime generazioni di Homo Sapiens")
E sul sito della Lifeboat Foundation, Steve Fuller ne fa una recensione: Steve Fuller’s Review of Homo Deus: A Brief History of Tomorrow by Yuval Noah Harari
1 settembre 2016
Homo Deus: una breve storia del domani (2)
Scritto da
Estropico
a
giovedì, settembre 01, 2016
Labels:
Letture
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
5 commenti:
Io tutte le volte non capisco come questioni simili (in sintesi, l'ottenimento di immortalità e di una condizione simil divina) possano avere così poca risonanza. La maggior parte delle persone le respinge per incredulità, bollando il tutto come fantasie impossibili. Siamo noi, e per noi intendo persone che seguiamo le vicende del transumanesimo, del singolaritarianesimo ecc., a essere troppo, ridicolmente ottimisti, o sono le altre persone che non hanno idea delle ultraradicali modifiche della storia umana di qui a un trentennio? Mi interesso di questi temi dal 2008 circa, e a una domanda come quella che ho scritto dianzi non so rispondere neppure vagamente...
Condivido pienamente la tua frustrazione. Temo sia il prezzo da pagare quando si e' all'avanguardia, o quando si soffre di una forte "nostalgia del futuro"... (per citare FM2030)
Provo a rispondere alla tua domanda: probabilmente noi pecchiamo di un certo ottimismo, ma il resto dell'umanita' soffre senza dubbio di una certa miopia...
Ciao,
Fabio
Purtroppo però peccare di un certo ottimismo è TUTTO, in questo discorso; ottenere l'immortalità è tutto. Posso aver vissuto la vita di un attore, di una stella del rock o dello sport, posso essere stato Napoleone, posso aver visto meraviglie dell'arte e della tecnica, ma se morirò sarà stata una parentesi inutile. Bisogna che la tecnologia mi porti la vita eterna e la porti all'universo, come nella Sesta Epoca di Kurzweil. Altrimenti aver vissuto benissimo o malissimo, come un re del Rinascimento o come un prigioniero medievale torturato giorno e sera, 70 anni o miliardi di millenni, non avrà fatto alcuna differenza... sarà stato solo uno schiocco di dita in mezzo all'oblio sempiterno (specifico che sono ateo e non credo in un Aldilà). Quindi non è consolante se la realtà è a metà strada tra ottimismo e miopia: è un gioco in cui si vince solo se otteniamo il massimo possibile, ossia la vita eterna nostra e dell'universo. Quindi mi chiedo: ce la faremo davvero a tramutarci in «Uomini Dei»? O quantomeno, ci saranno possibilità da ritenersi ora come ora accettabili? O sono già oggi pie illusioni?
Personalmente, ammesso e non concesso che eviteremo i vari rischi esistenziali lungo il cammino, ritengo che siamo su quella strada - da te ben descritta come quella della "la vita eterna nostra e dell'universo". I problemi sono due: 1) non esiste modo di prevedere che forma essa prendera', esattamente, e 2) potrebbe benissimo arrivare troppo tardi per noi...
Ciao,
Fabio
Concordo; importante nota a margine: è in questo discorso che si inserisce prepotentemente il concetto della crionica... come scorciatoia per il futuro ;)
Posta un commento